L’Impermeabilizzazione del tetto: come e quando farla

Un tetto perfettamente funzionale dovrebbe essere costituito da un rivestimento superficiale, uno strato di impermeabilizzante, l’isolante termico, il massetto pendente e una barriera antivapore.

Col passare degli anni gli eventi atmosferici e, soprattutto, le fitte piogge possono causare un cedimento dello strato impermeabilizzante, permettendo l’infiltrazione dell’acqua: è questo il momento per intervenire per ripristinarne la funzionalità.

Le infiltrazioni ai tetti sono un problema rilevante in quanto possono portare notevoli danni anche alla struttura dell’immobile. Ecco perché è necessario controllare spesso lo stato dei sottotetti, soprattutto su fabbricati di non recente costruzione. In questi casi diventa necessario procedere alla sua impermeabilizzazione, che può essere realizzata con diverse procedure da scegliere in base alle esigenze e alle disponibilità economiche. Non solo, perché l’impermeabilizzante per il tetto deve essere tale da resistere alle sollecitazioni che normalmente le strutture hanno, anche in fase di lavori, deve quindi trattarsi di un materiale che ha una buona elasticità e capacità di adattamento ai mutamenti.

Proprio per questo la scelta dell’impermeabilizzante non può essere fatta senza prima un sopralluogo in grado di determinare lo stato della struttura, i materiali utilizzati per la realizzazione e la capacità di supportare lo strato impermeabilizzante. In particolare occorre verificare lo stato di pavimentazione e massetto e l’esistenza delle giuste pendenze. Solo dopo aver eseguito questa verifica sarà possibile scegliere il materiale e tra un impermeabilizzante che non ha bisogno di rimozione del pavimento e uno che invece richiede un intervento più invasivo che possa prevedere il ripristino totale della base.

Sono diversi i metodi di impermeabilizzazione di un tetto e andranno scelti in relazione alle esigenze dell’edificio, e alla sua età di costruzione.

Caratteristiche delle membrane pre-fabbricate bituminose

Fatta la doverosa premessa si può passare ad indicare gli impermeabilizzanti per tetti solitamente usati. Molto conosciute sono le membrane pre-fabbricate bituminose. Queste sono ricavate dal petrolio attraverso un processo denominato di distillazione. Non si deve però pensare ad una forma liquida, infatti si trova in vendita in rotoli e gli stessi sono resi ancora più performanti dall’uso da un’armatura interna. Questa può essere in vetro, vetro/tessuto, poliestere. L’armatura serve a rendere più resistente la guaina che si va a realizzare. Anche l’applicazione è piuttosto semplice e veloce perché basta srotolare la membrana. La stessa si può utilizzare sopra lo strato già esistente e il fissaggio avviene con l’uso di fiamme libere, in commercio vi sono però anche membrane bituminose con adesivo.

In entrambi i casi è bene porre particolare attenzione alla posa in opera perché deve essere tale da garantire il perfetto incollaggio anche in tutti quei punti che possono essere considerati deboli, cioè giunture laterali e di testa. Se si opta per le membrane autoadesive invece bisogna porre attenzione anche ad eventuali irregolarità della base che possono compromettere la buona riuscita della posa in opera. Non è necessario quindi l’uso di particolari attrezzi per il fissaggio che d’altronde potrebbero creare dei danni alla membrana e di conseguenza essere fonte di ulteriori infiltrazioni. I vantaggi di un impermeabilizzante per tetti sono notevoli, infatti è spesso almeno 4 mm e di conseguenza assicura una buona protezione e la calpestabilità, inoltre non richiede la rimozione del materiale già presente sul tetto.

Membrane pre-fabbricate polimeriche

Un’alternativa, non sempre utilizzabile, per impermeabilizzare il tetto sono le membrane pre-fabbricate polimeriche. In questo caso non è presente il bitume, o comunque è presente in misura inferiore al 50%, e al suo posto vi sono dei polimeri, può trattarsi di PVC o polietilene. Anche in questo caso può essere presente un’armatira all’interno dello strato, laddove non sia presente, il manto creato non sarà calpestabile e potrebbe essere necessario completare il lavoro in modo da rendere calpestabile la superficie. Si è detto in precedenza che non sempre è applicabile questa tipologia di membrana, questo avviene perché vi è incompatibilità con alcuni materiali, ad esempio non può essere utilizzata se lo strato precedente è formato da bitume, solventi, asfalto, catrame, idrocarburi.

Tra i vantaggi di un impermeabilizzate tetto realizzato con membrane polimeriche vi è l’elasticità e la resistenza alle elevate temperature, questo vuol dire che è capace di resistere alle sollecitazioni che possono derivare da assestamenti e piccoli movimenti e non temono le escursioni termiche. Nonostante quest’ultima caratteristica, deve essere ricordato che non possono essere esposte ai raggi UV, quindi via libera all’uso per i tetti anche ad elevate temperature, ma non sotto i raggi diretti del sole.

Quando è consigliato l’uso delle membrane autoprotette e ardesiate

Si è visto con le due precedenti tipologie che lo strato impermeabilizzante non può essere esposto ai raggi UV. Qualora però vi fosse la necessità di esporre ad agenti atmosferici il sistema di impermeabilizzazione tetto la soluzione ideale sono le membrane autoprotette e ardesiate. In questo caso lo strato impermeabilizzante per il tetto è ricoperto in modo da poter essere esposto a vista. Ciò si può fare con una guaina ardesiata oppure con lamiere di rame o alluminio. La guaina ardesiata a sua volta è di due tipologie: calpestabile e non calpestabile. La guaina ardesiata ha il vantaggio di impermeabilizzare il tetto, ma non consentire la formazione di vapori. Si tratta quindi di una guaina traspirante, questo evita tutti gli inconvenienti legati alla formazione di condensa. Non è particolarmente adatta alle zone con clima rigido e la posa in opera dovrebbe essere eseguita in giornate soleggiate. Per evitare tutti i problemi legati al calpestio è possibile applicare sulla superficie un pavimento flottante o un rivestimento in cemento. Maggiore resistenza hanno, invece, le membrane autoprotette rivestite in rame o alluminio.

Per la impermeabilizzazione del tetto è possibile optare per un’ulteriore soluzione, cioè i teli protettivi per sottotetti. Si tratta di semplici teli traspiranti che consentono di proteggere dalle infiltrazioni. Vengono fissati con chiodi o graffette. Si tratta di un sistema che evita la formazione di condense ed è particolarmente indicato nei sottotetti ventilati. Tale soluzione è anche particolarmente economica e veloce, per questo è spesso preferita.

Impermeabilizzazione tetti con soluzioni liquide

Estrema versatilità hanno i sistemi impermeabilizzanti liquidi, questo perché consentono di raggiungere facilmente anche i punti più difficili, a differenza delle membrane in precedenza viste. In commercio vi sono diverse soluzioni queste possono essere mono-componente e bi-componente, cioè formati da un unico materiale o da due materiali. In commercio vi sono soluzioni anche dotate di reti o fibre che quindi assicurano una maggiore resistenza. In teoria un lavoro di impermeabilizzazione tetti con soluzioni liquide, che a contatto con l’ossigeno diventano solide, può essere fatto anche da soli. Deve però essere sottolineato che occorre una certa manualità nella posa in opera perché il tempo il cui il barattolo può restare aperto e il materiale steso con pennello o rullo è piuttosto breve infatti il prodotto per sua natura solidifica. Le caratteristiche tecniche di questi prodotti sono tali che offrono notevoli vantaggi, questi bloccano il passaggio dell’acqua, ma lasciano traspirare la superficie, vuol dire che non si formano vapori. La guaina liquida offre anche un altro vantaggio, cioè può essere utilizzata senza che sia necessario rimuovere eventuali pavimentazioni presenti, si può tranquillamente stendere sopra. La conseguenza è che i costi dell’intervento si riducono perché viene meno la manodopera necessaria per l’eliminazione delle pavimentazioni e non è necessario sostenere gli oneri economici relativi allo smaltimento dei materiali di risulta. La guaina impermeabilizzante liquida inoltre ha una buona resistenza ai raggi UV.

Impermeabilizzanti a base cementizia

Per chi ha bisogno di impermeabilizzare un tetto le possibili soluzioni non finiscono qui: è possibile scegliere anche gli impermeabilizzanti a base cementizia. Questi sono molto versatili, nel senso che non hanno particolari limiti in quanto possono essere utilizzati per una grande varietà di superfici. Gli impermeabilizzanti cementizi sono realizzati con l’aggiunta di composti elastomerici che rendono la guaina realizzata elastica e quindi in grado di reagire bene alle sollecitazioni a cui nel tempo la struttura può essere sottoposta. Il risultato sarà un’impermeabilizzazione tetti calpestabile. Tra i vantaggi vi è la facilità di posa in opera in quanto tale impermeabilizzante può essere utilizzato anche con una base ancora umida e quindi con un massetto non giunto a perfetta maturazione, soluzione quindi perfetta anche per le nuove costruzioni.

Impermeabilizzare e isolare termicamente: si può!

Per chi non vuole semplicemente impermeabilizzare ma vuole anche aumentare le prestazioni termiche del proprio immobile l’ultima soluzione per l’impermeabilizzazione tetti sono i sistemi termoisolanti. In questo caso si possono utilizzare schiume poliuretaniche a spruzzo, queste sono impermeabili all’acqua e allo stesso tempo sono in grado di isolare dal punto di vista termico il tetto. Proprio per tali caratteristiche sono utilizzate anche per impermeabilizzare le piscine. Il risultato è una minore dispersione del calore interno e allo stesso tempo una minore penetrazione verso l’interno delle temperature esterne, sia invernali, sia estive. Anche in questo caso non è necessario procedere con lavori di rimozione pavimenti perché si può tranquillamente lavorare sullo strato già esistente. In questo modo non vi sono costi di manodopera e di smaltimento. Le schiume poliuretaniche inoltre realizzano una guaina di spessore sottilissimo. Lo strato che si realizza è anche calpestabile.

[Fonte]


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Disinfettanti #Covid-19

Per contenere l’emergenza sanitaria COVID-19 si rende necessario, tra l’altro, che gli operatori, le imprese e la popolazione più in generale, adottino comportamenti adeguati per una corretta igiene delle mani e una efficace disinfezione delle superfici e degli ambienti.

I prodotti che vantano un’azione disinfettante battericida, fungicida, virucida o una qualsiasi altra azione volta a distruggere, eliminare o rendere innocui i microrganismi ricadono in distinti processi normativi: quello dei Presidi Medico-Chirurgici (PMC) e quello dei biocidi. In entrambi i casi i prodotti, prima della loro immissione in commercio, devono essere preventivamente autorizzati a livello nazionale o europeo.

Ai fini di un appropriato utilizzo, va precisato che i vari prodotti per la disinfezione (con specifiche proprietà nei confronti dei microrganismi), sono diversi dai detergenti e dagli igienizzanti con i quali, pertanto, non vanno confusi. Per questi ultimi, tra l’altro, non è prevista alcuna autorizzazione preventiva ma devono essere conformi alla normativa sui detergenti (igienizzanti per gli ambienti) o sui prodotti cosmetici (igienizzanti per la cute) o ad altra normativa pertinente.

Per completezza informativa si riportano anche i riferimenti normativi per biocidi e PMC che sono, rispettivamente, il Regolamento (UE) 528/2012 (noto come BPR, Biocidal Products Regulation) e il DPR 392/1998 (4) insieme al Provvedimento del 5 febbraio 1999.

I principali tipi di disinfettanti sono:

  • alcol etilico, disinfettante molto comune per la facile reperibilità sul mercato e il relativo basso costo. In commercio si trova in concentrazioni variabili tra il 60 e il 75%. Si usa sia per la disinfezione di superfici e strumenti (ad eccezione di quelli da sala operatoria), sia per disinfettare la pelle priva di ferite (o cute intatta o integra come indicato in etichetta), ad esempio prima di effettuare una iniezione. In alternativa si può usare anche l’alcool propilico;
  • ipoclorito di sodio, disponibile sul mercato in concentrazioni che variano tra l’1,5 e il 15%, ha un’azione disinfettante efficiente contro batteri, virus, muffe e spore anche a basse concentrazioni. È comunemente conosciuto anche con il nome di candeggina o varechina (3-5%), euclorina, amuchina (1,5%). A concentrazioni comprese tra 5 e 10%, può essere irritante per pelle ed occhi (così come indicato sull’etichetta), mentre a concentrazioni superiori al 10% deve essere considerato un agente corrosivo: è necessario, quindi, usarlo con particolare cura. L’ipoclorito in presenza di acidi sviluppa cloro che è un gas tossico; a contatto con ammoniaca genera clorammina che è irritante; a contatto con acqua ossigenata sviluppa ossigeno (non tossico) che annulla la sua azione disinfettante. Per questi motivi, l’ipoclorito di sodio non deve essere mescolato con altri prodotti per evitare effetti indesiderati sulla salute degli operatori;
  • acqua ossigenata, agisce con un meccanismo simile a quello dell’ipoclorito su batteri, spore, virus e lieviti, ma è meno efficiente. È ampiamente disponibile sul mercato diluita a diverse concentrazioni (dal 3 al 12%). Nella sua forma diluita è utilizzata soprattutto per disinfettare piccole ferite, in ambito domestico, in ambienti professionali e in cosmetica (anche come sbiancante e decolorante). Si degrada con facilità (la degradazione è visibile dal rigonfiamento del contenitore) e deve essere mantenuta in luogo fresco; quando è concentrata al 35% va conservata alla temperatura di 4°C e usata con cura perché corrosiva;
  • composti d’ammonio quaternario (QUATs), privi di un colore ed odore specifico, sono molto utilizzati per la disinfezione di superfici ed ambienti (ad esempio nelle mense e nelle zone di preparazioni alimentari). Sono disponibili sul mercato a concentrazioni di 1,5-2,5%; quando sono più concentrati devono essere diluiti in acqua prima dell’uso e maneggiati con cura perché irritanti e, in alcuni casi, anche corrosivi per pelle e occhi. Riescono ad eliminare batteri, la maggior parte dei virus, ma generalmente non le spore;
  • ossido di etilene, per la sua elevata efficacia nei confronti di batteri, funghi, virus e spore, è utilizzato soprattutto per sterilizzare strumenti chirurgici, sale operatorie e contenitori per farmaci e/o alimenti: la distruzione dei microorganismi è totale. A temperatura ambiente è un gas e poiché è infiammabile e tossico, può essere maneggiato solo da personale esperto;

[Fonte ISS]

Linee vita

Linea vita è un termine che ha iniziato a diffondersi in Italia ormai da più di dieci anni. Da quando le prime leggi ed i primi regolamenti locali hanno introdotto l’obbligo di installare sui tetti, di dispositivi permanenti a garanzia della sicurezza durante i successivi lavori in quota.

Con i termini “Linea vita” viene comunemente identificato l’insieme dei dispositivi di ancoraggio utilizzati per la sicurezza degli operatori contro le cadute dall’alto. I dispositivi di ancoraggio sono solitamente in acciaio, in alluminio o in materiali tessili come il polipropilene, possono essere fissi o removibili, monoutente o progettati per permettere a più operatori di collegarvisi contemporaneamente.

Questo sistema oltre ad essere utilizzato sulle coperture viene utilizzato anche nei cantieri per altri tipi di lavori in quota o dove vi sia un reale pericolo di caduta (es. nella realizzazione di ponti, viadotti…).

Le linee vita per tetti vengono generalmente installate per la realizzazione del tetto ma vengono poi lasciate in opera al fine di permettere di eseguire in sicurezza anche i successivi interventi di ispezione e manutenzione ordinaria.

La crescente attenzione in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, unita all’obbligatorietà imposta dal D. Lgs 81/2008 di proteggere contro le cadute dall’alto tutte le lavorazioni eseguite sopra i 2 metri di altezza (calcolata dal piano stabile), ha portato molti comitati regionali a legiferare in materia sicurezza, creando una normativa linea vita ad hoc per ogni regione italiana.

In quali regioni vige l’obbligo della Linea Vita?

L’obbligo della Linea Vita, ovvero della protezione contro le cadute dall’alto, è esteso in tutto il territorio italiano, secondo il D. Lgs. 81/2008, indipendentemente dalle normative regionali sulla Linea Vita, le quali impongono l’ulteriore onere di presentare un progetto di impianto anticaduta per il ritiro dell’onere abilitativo.

In particolare le Regioni Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Sicilia, Toscana, Provincia Autonoma di Trento, Umbria, Veneto e Campania, con leggi e decreti regionali, impongono l’obbligo della Linea Vita, ovvero di presentare un progetto di impianto anticaduta permanente, eseguito da un tecnico abilitato, per ritirare oneri abilitativi, quali concessione edilizia, SCIA.

In queste regioni, i progetti relativi agli interventi edilizi che riguardano nuove costruzioni o edifici esistenti, nonché l’istallazione di impianti tecnologici in coperture (come gli impianti fotovoltaici e i solari termici) devono prevedere, nella documentazione allegata alla richiesta relativa al titolo abilitativo o alla denuncia d’inizio attività, idonee misure preventive e protettive che consentano l’accesso, il transito e l’esecuzione dei lavori in quota in condizioni di sicurezza.

 

Prendersi cura degli ambienti #Covid-19

Per contrastare la diffusione dell’epidemia da virus SARS-CoV-2, garantire la qualità degli ambienti indoor risulta fondamentale nella tutela della salute dei cittadini e dei lavoratori.

L’Istituto superiore della sanità ha pubblicato un rapporto che fornisce una serie di raccomandazioni da seguire sia negli ambienti domestici che lavorativi per mantenere un buon livello di qualità dell’aria indoor in relazione al contenimento del rischio di contagio da COVID-19.

Rapporto ISS COVID-19 n. 5/2020 – Indicazioni ad interim per la prevenzione e gestione degli ambienti indoor in relazione alla trasmissione dell’infezione da virus SARS-CoV-2. Versione del 21 aprile 2020.

Lo potete leggere qui Rapporto ISS COVID-19 n. 5/2020

 

In caso di allagamento

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Bonus facciate 2020

Il bonus facciate (D.L. n. 160/2019, la Legge di Bilancio per il 2020) è previsto per le spese sostenute nel 2020, relative agli interventi, ivi inclusi quelli di sola pulitura o tinteggiatura esterna, finalizzati al recupero o restauro della facciata esterna degli edifici esistenti ubicati in zona A o B, ai sensi del decreto del Ministro dei lavori pubblici n. 1444 del 2 aprile 1968 e consiste nella detrazione dall’imposta lorda del 90%.

L’intervento oggetto di agevolazione è effettuato sull’involucro esterno visibile dell’edificio, cioè sia sulla parte anteriore, frontale e principale dell’edificio, sia sugli altri lati dello stabile (intero perimetro esterno).

La detrazione non spetta, invece, per gli interventi sulle facciate interne dell’edificio eccetto quelle visibili esternamente cioè dalla strada o da suolo ad uso pubblico.

Ad esempio, sono escluse le parti confinanti con i cortili interni, salvo quelle visibili dalla strada o da suolo ad uso pubblico (Circ. 2/2020).

A spiegare chi può richiedere il bonus facciate e per quali lavori è l’Agenzia delle Entrate, nella guida pubblicata lo scorso 14 febbraio 2020.

Il documento illustra punto per punto quali sono i lavori ammessi in detrazione fiscale con il bonus facciate, incentivo introdotto dalla Legge di Bilancio 2020 per gli interventi di ristrutturazione sugli esterni di edifici esistenti ubicati in zona A o B.

Potranno beneficiare della detrazione fiscale sia i soggetti Irpef titolari di redditi da lavoro dipendente ed i titolari di partita IVA, così come soggetti Ires. Tra i soggetti beneficiari rientrano inoltre anche gli inquilini di immobili in affitto.

La guida dell’Agenzia delle Entrate, pubblicata in concomitanza alla circolare n. 2 del 14 febbraio 2020, stabilisce quali sono i lavori ammessi in detrazione e quali le modalità per accedervi.

La detrazione è riconosciuta per le spese documentate sostenute nell’anno 2020 e va ripartita in 10 quote annuali costanti e di pari importo nell’anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi.

–> Leggi la guida

In caso di…

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In caso di incendio

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Cosa fare in caso d’incendio

L’incendio è uno degli incidenti più pericolosi che possano accadere in un appartamento o in un ufficio o in un qualunque altro luogo chiuso e nonostante ci possano essere vari sistemi anti-incendio potremmo trovarci a gestire un’emergenza.

Che cosa bisogna fare per mettersi in salvo e chiamare i soccorsi?

Ecco alcune regole di base da seguire, secondo il comando provinciale dei Vigili del Fuoco di Milano e in base ai più affermati protocolli di sicurezza.

SE SEI SOLO IN CASA E SI ATTIVA UN INCENDIO…

  • Mantieni la calma: il vero rischio è il panico;
  • Chiudi la porta della camera dove c’è l’incendio;
  • Prendi con te le chiavi della porta d’ingresso;
  • Esci di casa, se puoi;
  • Scendi con calma le scale senza correre;
  • Di regola le scale sono un luogo ben protetto dalla fiamme;
  • Non usare l’ascensore;
  • Telefona al vigili del fuoco componendo il 115 o il 112.
  • Rispondi alle domande dell’operatore fornendo l’indirizzo completo in cui si sta sviluppando l’incendio, la presenza di persone in pericolo e di eventuali altre persone coinvolte, fornisci indicazioni su come raggiungere il luogo dell’incidente, il tuo nome, cognome e numero di telefono per poter ricevere o fornire informazioni in un secondo momento.

SE NON RIESCI A USCIRE PER VARI MOTIVI O PERCHÉ SEI BLOCCATO DAL FUOCO…

  • Mantieni la calma;
  • Chiudi la porta della stanza dove c’è l’incendio e tutte le porte tra te e l’incendio;
  • In Italia gli appartamenti, di solito, sono contenuti in una specie di guscio di cemento armato che confina il fuoco meglio di altri materiali, evitando che si propaghi velocemente ad altri appartamenti;
  • Se puoi cerca di sigillare ogni fessura con stracci, coperte o nastro adesivo in quanto una porta chiusa riesce a contenere il fuoco per circa 10/15 minuti;
  • Telefona al Vigili del Fuoco componendo il 115 o il 112;
  • Se è accessibile un balcone, raggiungilo e avvolgiti, se puoi, in una coperta bagnata e attendi i vigili del fuoco che arriveranno in poco tempo.
  • Sdraiati sul pavimento dove l’aria è più respirabile. Proteggi naso e bocca con fazzoletti o altri indumenti possibilmente bagnati. L’acqua nella tua stanza la trovi aprendo il rubinetto del termosifone ove è possibile;
  • Richiama l’attenzione gridando agitando un indumento colorato.

QUANDO STAI LASCIANDO UN EDIFICIO IN FIAMME

  • Mantieni la calma;
  • Prima di aprire qualsiasi porta controlla con il dorso della mano se è calda. In tal caso non aprirla (il calore indica che il fuoco è vicino); se invece è fredda aprila lentamente per verificare se l’ambiente sia già stato invaso dal fumo (in questo caso richiudi immediatamente la porta);
  • Se non ci sono persone all’interno, esci e chiudi porte e finestre dei locali incendiati (l’aria alimenta il fuoco), ma non a chiave dato che dovranno entrare i Vigili del Fuoco;
  • Proteggi naso e bocca con fazzoletti o altri indumenti possibilmente bagnati;
  • Non utilizzare mai l’ascensore;
  • Se ti trovi in un edificio a più piani e l’incendio si è sviluppato ai piani inferiori, sali in alto in attesa dei soccorsi, segnalando la tua presenza.

[Fonte]

Come si propaga un incendio e le regole di prevenzione

Gli incendi rientrano certamente fra gli eventi che più frequentemente possono accadere e possono essere provocati da diverse cause.

Nelle abitazioni i motivi casuali più frequenti sono i fornelli a gas, la brace proveniente da un caminetto, il corto circuito (impianti elettrici non a norme), il contatto con superfici e punti caldi, le reazioni chimiche in genere, il mal funzionamento di oggetti elettrici (fornelli elettrici, stufette, friggitrici, alberi di natale e luci presepi non a norme CEI, ciabatte, prese di correnti esterne, distributori di snack nelle scuole), il mal funzionamento di canne fumarie ecc.

L’incendio provoca effetti di diversa natura.

Oltre al panico delle persone eventualmente coinvolte, come è noto, una volta sviluppatosi l’incendio all’ interno di un ambiente chiuso il fumo e i gas caldi della combustione salgono verso l’alto e si allargano sotto il soffitto.

Il fumo poi scende rapidamente riempiendo tutto l’ambiente e impedendo così alle persone presenti di individuare le eventuali uscite.

Oltre al fumo, il fuoco genera calore e prodotti di decomposizione che rendono la respirazione difficile.

Infatti la formazione di CO2 satura l’ambiente impoverendo la presenza di ossigeno; nel caso di combustioni non “complete” si può formare il monossido di carbonio o in altri casi è possibile la formazione di gas inquinanti.

Un aumento della temperatura oltre certi limiti può provocare l’autoaccensione degli oggetti presenti negli ambienti e le temperature elevate possono causare fenomeni di ustione alle persone.

Al di sopra di certe temperature inoltre anche le strutture in ferro o i ferri d’armatura del cemento armato del fabbricato perdono la capacità portante, portando al collasso la struttura.

Appare estremamente importante soffermarsi ora sulla velocità con cui si può sviluppare un incendio: questo può fare capire quanto sia importante spegnere immediatamente le prime fiamme (se possibile, se si è dotati di opportuni estintori) e/o di chiamare immediatamente i Vigili del Fuoco.

Si consideri che mentre negli anni cinquanta il tempo necessario per arrivare all’autoaccensione dei prodotti presenti negli ambienti era di quindici minuti, dopo venticinque anni questo tempo era sceso a cinque minuti. Ora si calcola che le condizioni per l’incendio generalizzato possano verificarsi DOPO SOLO TRE MINUTI DALL’INNESCO.

La causa principale di questa accelerazione dei tempi di evoluzione dell’incendio risiede nell’aumento della quantità di materie plastiche infiammabili.

Una volta acquisite e tenute bene a mente quali sono le principali cause alla base degli incendi in casa, sapete bene quanto è importante darsi – e rispettare! – delle buone regole di prevenzione. Di seguito vi riportiamo le più efficaci.

  • Pianificare regolari e periodici controlli da parte di consulenti e tecnici qualificati per verificare il corretto funzionamento di:
    • impianto elettrico;
    • caldaia, stufe e/o altri generatori di calore;
    • sistema di climatizzazione;
    • caminetto e canna fumaria;
    • forno, fornelli e altri elementi della cucina.
  • Anche quando l’impianto elettrico è ben efficiente, bisogna sempre fare attenzione a non caricarlo eccessivamente con doppie prese, ciabatte, prolunghe e altre derivazioni concentrate. Si deve evitare di “strozzare” i cavi delle utenze elettriche, come succede quando si fanno passare sotto porte o finestre o mobili pesanti.
  • Imparare a riconoscere quali sono i liquidi e gli oggetti infiammabili che sono normalmente presenti in casa, soprattutto quelli senza etichetta di pericolo come ad esempio libri, giornali, olio per friggere, strofinacci e affini.
  • Tenere sempre ben custoditi il camino e pentole, padelle e altri utensili quando sono sopra fuochi o fornelli accesi.
  • Non avvicinare mai, neanche per poco tempo, oggetti e liquidi infiammabili a stufe, caminetti e altre fonti di calore. Controllare l’integrità dei tubi del gas dentro la cucina e lungo la facciata del palazzo. Controllare che non ci siano perdite di gas e ricordarsi di chiudere lo specifico rubinetto quando non si deve cucinare.
  • Verificare che non ci siano tagli, strappi o danni sui cavi di alimentazione di elettrodomestici, hi-fi ed utensili elettrici in generale.
  • Tenere sempre a debita distanza le prese elettriche e gli utensili da rubinetti e altre sorgenti d’acqua.
  • Non lasciare accendini, cerini, fiammiferi e candele alla portata di bambini.
  • Non mantenere in stand by hi-fi e altre apparecchiature elettriche quando non sono utilizzate, meglio spegnerle completamente.
  • Non fumare in stato di sonnolenza o quando c’è il rischio di addormentarsi e, in ogni caso, ricordarsi di gettare i mozziconi di sigaretta nel water e mai nel cestino dell’immondizia, ove spesso sono presenti oggetti infiammabili.
  • Non utilizzare dispositivi elettrici quando si hanno piedi o mani bagnate.
  • Ricordarsi di non usare in modo improprio caminetti, stufe elettriche e termoconvettori, ad esempio per asciugare vestiti.
  • Nello svolgimento di lavori domestici o attività di bricolage, stare sempre attenti a non provocare scintille e a non fumare.
  • Riporre in armadi o altri mobili di tipo stagno eventuali contenitori di liquido infiammabile e fare in modo che questi non siano facilmente accessibili.
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